Nel cuore della Valdichiana, lontano dai soliti itinerari del turismo mordi e fuggi, c’è un borgo dall’aspetto fiero le cui mura – in alcuni tratti risalenti al 1100 – dominano la valle. Il suo profilo non può che ricordare in piccolo quello di Siena, cui Torrita fu fedele sino alla sconfitta da parte di Firenze, conquistandosi un posto di rilievo come avamposto della Repubblica senese. Il suo profilo turrito – da cui ti sarai già immaginato derivi il nome – appare nella “Battaglia della Val di Chiana“, uno degli splendidi affreschi che si trova nella sala del Mappamondo del Palazzo Pubblico di Siena, dove la mente non può non correre all’immagine dell’Italia coronata. La sua storia di fedeltà a Siena conta anche un episodio caro ai torritesi, di cui ti capiterà di sentir parlare: nel 1544, quando Torrita fu assediata dai fiorentini, la “Nencia“, vecchia abitante di Torrita, rifiutandosi di inneggiare ai conquistatori fu inchiodata viva a Porta Gavina, continuando ad invocare la Lupa di Siena fino all’ultimo respiro.
Fedele fino all’ultimo alla Repubblica di Siena, Torrita funge da spartiacque tra le dure crete della Val d’Orcia ed il pianeggiante e fertile territorio della Val di Chiana
Qualche settimana fa siamo stati a Torrita di Siena, silenziosa e suggestiva per le sue ripide stradine ed i suoi vicoli di pietra poco illuminati, e qui abbiamo scoperto un vero e proprio patrimonio nascosto tra i mattoni rosse delle case e delle chiese: un patrimonio fatto di luoghi di fede capaci di togliere il fiato, di madonne quasi uniche al mondo e di feste paesane, di cultura e tradizione. Sembra impossibile che questo luogo così placido e calmo possa aver dato i natali al terribile brigante Ghino di Tacco!
In bilico tra Valdichiana e Valdorcia
Eretta in cima ad un colle che dominava la valle, Torrita fu sede – in piano – di un porto strategico per la Repubblica senese
Torrita funge da spartiacque tra le dure crete della Val d’Orcia ed il pianeggiante e fertile territorio della Val di Chiana. Come una moderna tappa sulle vie di pellegrinaggio, è proprio da Torrita che bisogna passare per raggiungere Montepulciano da una parte e Pienza o Montalcino dall’altra, venendo dall’autostrada. Sorge in un crinale solcato dalle dolci colline che marcano la differenza tra i due paesaggi, coltivate a vite ed ulivo. L’ambiente sul versante della Chiana sembra rimasto immutato sin dai tempi della bonifica di Pietro Leopoldo di Lorena, quando alle paludi si sostituì la geometria ordinata dell’agro mezzadrile, con le sue strade diritte, i suoi fossi a delimitare i campi e le sue tipiche coloniche a pianta quadrangolare, sormontate dalla colombaia sul tetto: quelle leopoldine che costituiscono un’importantissima testimonianza della cultura contadina di queste terre e che – oggi diroccate – sembrano invocare aiuto ai passanti che percorrono in bicicletta il Sentiero della bonifica, tra Arezzo e Chiusi. Dall’altro lato invece si scorge in lontananza l’antico borgo di Montefollonico, racchiuso entro un cassero ancora ben conservato, che sembra protendersi in avanti verso la Val d’Orcia, quasi fuggire dalla piana della Chiana.
Un luogo legato alla spiritualità
Troverai a Torrita luoghi di culto dai simboli curiosi, preziose opere d’arte, madonne uniche al mondo e antiche tracce disseminate nel borgo e nel contado
Il centro di Torrita ci ha davvero stupito: la visita merita sicuramente qualche ora ed una buona dose di curiosità. Abbiamo cercato di trovare un fil rouge che potesse racchiudere i molti luoghi visitati grazie ai volontari del CTA “Il Borgo”, che per noi hanno aperto porte e svelato le curiosità più intriganti legate al luogo. Questo coagulo ci sembra racchiuso nella spiritualità che si respira a Torrita, che permea di se le facciate delle chiese come le tradizioni del folclore locale. Sarà forse stato il tracciato della Via Lauretana, via di pellegrinaggio mariano che collegava l’Etruria al Santuario della Madonna di Loreto, dove furono trasportati i resti della casa di Maria. Sarà stata forse la presenza templare attestata in tutta la Toscana meridionale, che sembra testimoniata da un nodo di Salomone sulla facciata della Chiesa dedicata a Santa Flora e Lucilla. In ogni caso se ti trovi a passare di qua, in questo articolo ti segnaliamo 5 tappe che non puoi assolutamente perdere a Torrita e che sicuramente ti torneranno alla mente ogni volta che farai ritorno in Toscana.
Emozioni e folclore: il Palio e la cucina
Da non perdere l’annuale Palio dei Somari: una corsa di testardissimi asinelli ma anche l’occasione di gustare i piatti tipici della zona
Un’emozione che invece raramente ti capiterà di provare altrove è assistere all’annuale Palio dei Somari dedicato a San Giuseppe, patrono dei tanti falegnami di cui Torrita era ricca in passato. Se ti trovi a passare da queste parti il primo weekend successivo al 19 marzo, fermati: non solo perchè una corsa di ciuchi è qualcosa di frizzante ed inconsueto cui assistere almeno una volta nella vita ma anche per l’opportunità di abbandonarsi ai sapori di alcuni piatti della zona, offerti dalle taverne organizzate dalle 8 Contrade: la magia di una minestra di verdure servita dentro una pagnotta, la semplicità di un piatto di pici condito col sugo d’aglione o di un ciaccino fritto sgranocchiato a mezzanotte, l’acquolina che viene al solo sentir l’odore di salsicce che sfrigolano nella brace e racchiuse tra due morbide fette di pane e pulezze (le “pulezze” sono i rapi teneri, come ci hanno spiegato col sorriso davanti alle nostre facce incuriosite!) ma anche la scioglievolezza di una scottiglia di maiale fatta alla maniera della Valdichiana o la nota dolce e secca di un Vinsanto servito con i cantucci, davvero diverso rispetto a quello che si compra al supermarket. Li troverai tutti lì i torritesi: a servire, fare i conti, cucinare o sfilare. Tutti affaccendati ad offrire uno spettacolo autentico ed evocativo agli ospiti che s’imbattono per caso nel loro borgo.
Qualche curiosità: il porto di Torrita
Qualcosa che pochi – eccetto i torritesi – sanno è che anticamente la parte bassa di Torrita, dove oggi sorge il rione Stazione, era un antico porto sul fiume Chiana, voluto proprio dai senesi per poter garantire approvvigionamenti all’avamposto. Ce lo hanno raccontato i volontari del CTA: a quei tempi il Clanis, fiume che confluiva nel Tevere, costituiva una importante via di comunicazione e trasporto merci da Siena fino ai confini della Repubblica, utile soprattutto in caso di guerra. Intorno all’XI sec. la valle cominciò a impaludarsi e così rimase finchè i Granduchi d’Asburgo-Lorena avviarono una definitiva opera di bonifica coinvolgendo ingegneri, idraulici, architetti, cartografi, agronomi ed affidando all’Ordine dei Cavalieri di Santo Stefano la salvaguardia dell’intero sistema fluviale. Se ti avventurerai sul Sentiero della bonifica, potrai ancora scorgere le tracce di quelli che erano gli attracchi per le barche ed i magazzini di stoccaggio delle merci posti lungo il corso del Canale, rimasti funzionanti fino a metà del XIX secolo, quando cessò di essere usato per il trasporto fluviale.