Passeggiando per Orvieto ho notato il suo palese legame con la vite ed il vino. Sopra, attorno e dentro la rupe tutto parla di viticoltura: sinuosi tralci di vite ornano la bellissima facciata del Duomo, cingendo coi propri rami le scene religiose tratte dalla Bibbia; gli affreschi dei palazzi più eleganti si popolano di succosi grappoli, sculture che ritraggono il dio Bacco sorvegliano con espressioni estatiche imponenti portoni e massicce colonne. Poi tantissime allusioni alla vite – spesso vere e proprie opere d’arte – compaiono dovunque d’improvviso, celebrando quei grappoli che spuntano un po’ irriverenti dai cancelli degli orti nelle viuzze interne. Infine il tesoro nascosto nel sottosuolo: un fittissimo intreccio di cunicoli e gallerie adibite a cantine sin dai tempi degli Etruschi che confermano questo legame antichissimo come simbolo della città.

Danca e Luisa, responsabili rispettivamente del Servizio turistico e dell’Associazione della Strada dei vini Etrusco Romana, gentilissime e davvero innamorate della propria città, mi hanno raccontato che Orvieto, per quanto apparentemente isolata sulla vetta della sua rupe, ha sempre intrattenuto un fortissimo legame con la campagna attorno. Era così sin dal tempo degli Etruschi, che per primi disegnarono la fisionomia del paesaggio diffondendo la vite in questo territorio ed inventandosi un metodo per vinificare sfruttando l’altezza della rupe ed il suo corpo calcareo impermeabile. É tutt’ora così: l’alto ed il basso intrattengono una osmosi continua il cui filo conduttore è la vite, che sin dai tempi più antichi sembra aver fruttato ad Orvieto ottimi vini, bianchi in particolare modo.

Addirittura quando la città fu soggetta a dominio pontificio tutta l’area che oggi ospita la ex Caserma Piave, a pochi passi dal Pozzo di San Patrizio, pare fosse adibita alla coltivazione della vite e per questo motivo prendeva il nome di “Vigna Grande“…

Velzna, gli Etruschi, e il vino di Orvieto

La vocazione del territorio orvietano per la coltura della vite sembra confermata dai più antichi documenti storici, che identificano la città col nome di “Velzna“, un toponimo che ricorda “vina” ovvero la parola “vigneto” in lingua etrusca.

Gli Etruschi avevano inventato un modo per vinificare sfruttando proprio l’altezza della rupe e le sue peculiari condizioni climatiche interne, sempre costanti…

Ho scoperto che gli Etruschi non furono soltanto i primi a sfruttare il territorio attorno alla rupe per coltivare la vite; essi inventarono anche un meccanismo per utilizzare la rupe stessa scavando intricati reticoli di grotte nel suo corpo ed escogitando un sistema di vinificazione basato su tre livelli verticali di vasche di raccolta, riuscendo ad assicurarsi una produzione fiorente di vini dalle straordinarie qualità organolettiche. I grappoli venivano pigiati a livello del suolo e attraverso tubature in coccio il mosto colava nei locali sottostanti, iniziando a fermentare nella prima vasca che incontrava durante il suo cammino. Dopo la svinatura si passava alle vasche collocate nei livelli inferiori dove il vino veniva conservato ed affinato sfruttando le condizioni climatiche del cuore della rupe. Un clima perennemente costante in estate ed in inverno e la totale assenza di escursioni termiche era il segreto degli straordinari vini di Orvieto, che gli Etruschi esportavano fin sulle coste del Mediterraneo.

Orvieto, Pitigliano e Cortona: un legame tra gli Etruschi ed il vino bianco

Il vino d’Orvieto per eccellenza è il bianco: famoso sin dall’antichità, che oggi ritroviamo nella Denominazione Orvieto Classico in due tipologie principali, l'”Abboccato” più antico ed il tipo “Secco” nato nella seconda metà del 1800. Altre versioni, “Dolce“, “Superiore“, “Amabile” e “Vendemmia tardiva” confermano l’antichissima vocazione alla produzione di vini bianchi.

Orvieto, Cortona, Pitigliano: potenti città etrusche e grandi territori per il bianco. Sarà un caso?

Mentre degustavo un calice d’Orvieto Classico Superiore, seduto su uno scranno davanti al Duomo, mi è venuto in mente che anche Cortona e la vicina Pitigliano, entrambi importanti centri etruschi, erano importanti luoghi di produzione di vini bianchi proprio come Orvieto. Mi riprometto di approfondire le ragioni storiche dietro a questa predilezione del popolo etrusco d’impiantare la vite in terreni di origine vulcanica.

Vino di Orvieto: regole di tutela antiche che assomigliano tantissimo a quelle moderne!

Proprio come accade oggi e come ho raccontato in questo articolo, a partire dal 1300, compresa l’importanza che l’economia del vino rivestiva per Orvieto, si cominciarono ad applicare pene severe per quanti vendevano vino scadente spacciandolo per uno più pregiato piuttosto che per coloro che dichiaravo quantità inferiori o commerciavano privi del sigillo comunale. In pratica si iniziò ad applicare un sistema di tutela del vino di Orvieto che ricalca proprio quello che accade oggi con i moderni Disciplinari di produzione: le regole sembrano quasi le stesse!

Uno Statuto cittadino del 1581 ci fa scoprire che era il governo della città a decidere le date d’inizio e fine della vendemmia, con ulteriori pene da applicare ai trasgressori che avrebbero compromesso la qualità del vino. Ogni anno i rappresentanti della città si riunivano e viste le condizioni climatiche dell’annata in corso, definivano uno stock temporale per provvedere alle operazioni di vendemmia: l’uva raccolta nel circondario doveva essere obbligatoriamente trasportata in città e qui lavorata perchè il vino potesse fregiarsi dell’appellativo “vino di Orvieto“. Ancora una volta esattamente ciò che accade con i Disciplinari di produzione moderni che proibiscono la vinificazione fuori da territori ben delimitati!

Il Muffato d’Orvieto: un vino unico e molto antico

Infine un’ultima curiosità che abbiamo scoperto grazie all’Associazione della Strada dei vini Etrusco Romana: in passato la raccolta delle uve veniva il più possibile ritardata ogni anno, come a voler favorire la completa maturazione, quasi l’appassimento in pianta delle uve. Questa procedura, che nelle fredde mattine del tardo autunno favorisce lo sviluppo della muffa nobile, restituiva un bianco abboccato pregiato e famoso, di cui oggi si trova ancora traccia nel celebre Muffato d’Orvieto, un prodotto simile al Sauternes francese. Era questo il vino delle grandi occasioni anche presso la corte papale, che qui ad Orvieto s’installò per alcuni decenni, dando al vino l’epiteto di “Vino dei papi“.

Se capiterai qui in visita non perderti un assaggio di Muffato d’Orvieto: un vino unico che solo qui può essere prodotto!

Il segreto del Muffato d’Orvieto sono le particolari condizioni climatiche del territorio orvietano: solo in alcune circoscritte regioni del mondo si sviluppa sugli acini questa forma di muffa – detta “nobile” – che si nutre dell’acqua senza rompere la buccia, provocando in questo modo l’evaporazione della parte acquosa quando i primi raggi del sole del mattino riscaldano i grappoli. Gli acini così attaccati da questa muffa “benigna” appassiscono in pianta, aumentando in grado zuccherino. I produttori di Muffato ritardano al più possibile la vendemmia per favorire questo fenomeno ed ottenere così mosti molto dolci e concentrati, capaci di restituire vini untuosi e dal sapore sensuale ed elegante. Un prodotto davvero unico che ti consiglio di assaggiare nelle molte enoteche che troverai nel centro storico della città!

L'insegna di una delle numerose enoteche nel centro storico di Orvieto
L’insegna di una delle numerose enoteche nel centro storico di Orvieto – ItalyzeMe CC BY-NC-ND 2.0