Una delle opere più interessanti che Pietro Perugino ha realizzato in età avanzata è sicuramente la Adorazione dei Magi di Città della Pieve (1504). Non va confusa con la più conosciuta Adorazione dei Magi che l’artista aveva realizzato a Perugia circa 30 anni prima (1470 circa) assieme a Raffaello e che tutt’ora si trova lì, non soltanto perché quest’ultima è un olio su tavola realizzato attorno al periodo di bottega dal Verrocchio mentre la prima è un affresco ma soprattutto perché la Adorazione dei Magi di Città della Pieve nasconde alcune vicende molto interessanti.
Una su tutte? Pare che il pittore l’abbia realizzata da solo in 29 giorni di lavoro!
Com’è possibile? Non è dato saperlo con certezza ma ho un’ipotesi e se avrai la pazienza di leggerla fino in fondo ti regalerò anche un’altra sorpresa.
La Adorazione dei Magi di Città della Pieve
Questo affresco di ben 6,5 metri di altezza per 7 metri di lunghezza cattura decisamente l’attenzione di chiunque entri nell’Oratorio di Santa Maria dei Bianchi occupandone quasi tutta la parete di fondo. L’imponente capanna della Natività al centro fa da perno a tutta la scena con i suoi giochi di prospettiva, i cortei di uomini e dromedari che si snodano sullo sfondo della Val di Chiana e del Lago Trasimeno, i pastori al centro e, più avanti, la folla degli astanti fino ad arrivare ai Magi, riccamente vestiti di broccati bordati con foglia d’oro tutt’oggi visibile, morbidamente appoggiati in primo piano. E poi l’angelo annunciante al posto della Stella Cometa, per chi guarda, in alto alla destra della capanna. Una cornice perfetta per la Vergine con Bambino, punto focale di tutta la scena che fa chiaramente intendere che per la Confraternita dei Bianchi “la devozione per la Madonna è tutto”.
Curiosità dietro l’Adorazione dei Magi di Città della Pieve
Ma passiamo alle vicende interessanti. Caso non comune, abbiamo notizie certe circa la data e gli accordi presi perché, benché le richieste della Confraternita siano andate perdute assieme all’archivio, nel 1835 sono state trovate le risposte autografe che il Perugino inviò al Sindaco dei Disciplinati della Vergine – “Bianchi” per il colore delle vesti – chiuse in un tubo di latta sepolto ai piedi della parete.
In breve, il 20 Febbraio del 1504 il Perugino provò ad intavolare una trattativa scrivendo nella stessa lettera che la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto 200 fiorini ma che “chome paisano” si sarebbe accontentato di 100 fiorini: 25 subito e il resto in tre annualità. Il 1° Marzo 1504 sempre il Perugino rispose al Sindaco dei Disciplinati della Vergine che accettava un ulteriore ribasso di 25 fiorini ma che avrebbero dovuto inviare subito “la mula con il pedone che verrone a penctorà” ovvero il mezzo che l’avrebbe condotto in loco per iniziare a dipingere. Come dire “basta sconti”.
Incredibilmente, se pensiamo alle dimensioni ed alla qualità dell’opera, la storia riporta che il Perugino riuscì in soli 29 giorni di lavoro a completare il lavoro!
Nonostante questa maestria, i Confratelli tirarono ulteriormente sul prezzo e, al posto degli ultimi 25 fiorini, il 29 Marzo 1507 si legge che il Perugino accettò in cambio un’abitazione a patto che adornasse con pitture le case dei Confratelli. Decisamente molto scaltri.
Le traversie del Perugino e l’Adorazione dei Magi di Città della Pieve
La Adorazione dei Magi di Città della Pieve esprime perfettamente la situazione umana e professionale che Pietro Vannucci detto il “Perugino” viveva in quel momento.
Stiamo parlando del mirabile allievo del Verrocchio, che aveva lavorato al fianco di grandissimi come Leonardo da Vinci, Domenico Ghirlandaio, Lorenzo di Credi, Filippino Lippi e Botticelli. Quel Perugino maestro di Raffaello che fu incoronato postumo dal Vasari nelle Vite del 1568 come il “più grande artista del rinascimento a cavallo tra il ‘400 e ‘500”.
Eppure all’alba del XVI secolo questo “grande” non riesce – al pari di altri – ad innovarsi e inizia un lento declino costellato di critiche da parte di quei committenti che l’avevano osannato fino a pochissimi anni prima.
La crisi iniziò un anno prima della Adorazione dei Magi di Città della Pieve, ovvero il 1503. Questo sopra è Lotta tra Amore e Castità, commissionato da Isabella d’Este che lo criticò probabilmente per i problemi che il Perugino incontrò a realizzare figure piccole e a dare movimento alla scena. Se pensiamo che in quegli anni Leonardo realizzava la Battaglia di Anghiari possiamo capire il perché. Anche se in misura molto minore e con visibili migliorie su proporzioni e movimento, simili incongruenze le ho riscontrate anche nella Adorazione e se guardate attentamente le figure dei cortei sullo sfondo ve ne renderete conto anche voi.
Qui sotto invece siamo nel 1504. Muore Filippino Lippi che lascia incompleta la pala dell’Assunta per la Santissima Annunziata a Firenze. Il Perugino viene chiamato a completarla ma non ci vuol molto a capire perché i fiorentini criticarono ferocemente il suo operato. Difatti l’uso smodato dei cartoni rese l’opera quasi… ilare.
Ed ecco che l’uso (stavolta sapiente) dei cartoni di bottega può forse spiegare il perché dei soli 29 giorni per completare l’opera senza aiuto alcuno.
Personaggi nascosti nell’Adorazione dei Magi di Città della Pieve
Visto che mi hai seguito fin qui, come promesso ti svelo un piccolo segreto. In questo affresco il Perugino ha inserito non soltanto se stesso da giovane (nel cerchio azzurro) ma anche il suo allievo prediletto (nel cerchio arancione) che aveva da poco abbandonato la sua bottega, invaghito da quella “maniera moderna” di cui da lì a poco diventerà uno dei più grandi maestri: Raffaello.
Tutto questo mi fa capire che la Adorazione dei Magi di Città della Pieve non è un mero affresco realizzato, diremo oggi, “sotto costo” ma l’atto di un uomo che vuol dimostrare il proprio valore. Un grande capolavoro scaturito dall’anima di uno dei più grandi maestri dell’arte italiana che vedeva il suo astro avviarsi sul viale del tramonto, tradito dai clienti che l’avevano fino a quel momento osannato e abbandonato dal proprio allievo più caro e grande.