Probabilmente già ti abbiamo annoiato a forza di parlarti di pici. Non smetteremmo mai, tanto sono buoni, genuini e rappresentativi di una cultura culinaria sostanzialmente “povera”, com’è la nostra cultura culinaria toscana. Inoltre la tradizione di portare in tavola una pasta lunga, fatta con sola acqua e farina è qualcosa di comune a tante zone del centro Italia, tanto che varianti dei pici senesi li troviamo anche nelle limitrofe province di Arezzo (dove ad Anghiari i “bringoli” come vengono chiamati nella Valtiberina, sono protagonisti di una sagra che celebra San Martino a suon di sughi di carne, funghi, di castagne e vino novello) e Grosseto per sconfinare poi in Umbria e in Lazio dove i “tonnarelli” nulla hanno a che fare coi tonni ma solo con lunghe cordicelle di pasta arrotolata, fino all’Abruzzo, alle Marche e all’altro mare in un coacervo di nomi e condimenti che spaziano per soddisfare anche i palati più raffinati.
La farina giusta? Solo quella di grano tenero!
Gli originali sono fatti con farina di grano tenero: il grano duro è venuto dopo, con l’esigenza di essiccarli e confezionarli
Insomma un patrimonio vivo e presente nella cultura gastronomica del centro Italia, che però ha in comune le materie prime: nella maggior parte dei casi infatti gli ingredienti sono solo acqua e farina di grano rigorosamente tenero. Il grano duro per pici e affini è venuto dopo, con la crescente esigenza di essiccarli e confezionarli in maniera industriale (o semi-) nei pastifici. Ma ancora nelle campagne della Valdorcia e del senese capita di incontrare anziane e giovani massaie chine sulla spianatoia a ruzzolare queste cordicelle di pasta, per poi farne delle matassine da avvolgere tra le mani e tuffare in acqua bollente. E fortunatamente, con un po’ d’occhio, capita ancora di trovare in queste zone, trattorie e ristorantini a gestione familiare che propongono gli autentici pici, fatti proprio come debbono esser fatti: deliziosamente vischiosi, cotti con un filo d’olio nella pentola per non sciuparli vista la delicatezza che gli conferisce la farina di grano tenero. E rigorosamente fatti a mano: quelli industriali lasciali perdere, almeno al ristorante!
Il segreto sta tutto nella pasta fatta in casa: in quella sua forma irregolare che li rende ora più tozzi, ora più fini. Così morbidi e delicati da catturare anche il condimento meno ricco!
Una volta fatti a mano, sui condimenti per i pici poi ci si può davvero sbizzarrire: si sposano davvero con tutto ed in giro li troverete conditi e proposti in centinaia di varianti diverse. Ma il nostro consiglio più autentico è quello di restare fedeli alla tradizione, così da poterli gustare in tutta la loro genuna bontà. Sì quindi alle varianti più tradizionali come le briciole, il cacio e pepe, l’aglione, i ragù di carne bianco o rosso (ovvero senza e con aggiunta di pomodoro), oppure un semplice battuto di odori e cipolla, arricchito alla bisogna di strutto o lardo per dar sapore, proprio com’era uso fare nelle cucine di campagna. Il segreto – manco a dirlo! – sta tutto nella pasta fatta in casa: in quella sua piacevolissima forma irregolare che li rende ora più tozzi, ora più fini; così morbidi e delicati da catturare anche il sughetto più volatile!
Una volta assaporati i pici fatti a mano, con sola acqua e farina, conditi con uno tra questi condimenti non potrai non innamorartene e difficilmente riuscirai a ritrovare il medesimo sapore nei pacchetti in vendita negli scaffali delle stazioni di servizio!
La sagra dei pici di Celle sul Rigo
Dal 1969 a Celle sul Rigo si celebra ogni anno il rito dell’appiciatura cui tutte le donne del paese partecipano: quintali di autentici pici fatti a mano, che vengono letteralmente spazzolati nei 3 giorni di sagra
Se desideri davvero scoprire cosa sono i pici e quanta gioia può regalarti una pasta così semplice al vostro palato, ti suggeriamo di fare un salto all’annuale Sagra dei Pici di Celle sul Rigo, in provincia di Siena: un paesino di neppure 600 abitanti che ha fatto dei propri pici fatti rigorosamente a mano una bandiera di tradizione, passione e qualità. Qui ogni anno dal 1969, a partire dall’inverno, si celebra il rito dell’appiciatura cui tutte le donne del paese partecipano: ne vengono fuori migliaia di porzioni di questa pasta povera, che viene del tutto “spazzolata” nei tre giorni della festa. Un vero e proprio rito collettivo che richiama migliaia di appassionati e curiosi da tutta Italia ed Europa, che ogni anno fanno una fila di ore per un buon piatto di pici cellesi!
Non me ne vogliano i professionisti della cucina destrutturata o molecolare che sia ma… Altro che stelle Michelin: preparate le forchette!