In Toscana il formaggio ha quasi un solo un nome: pecorino. Anzi “cacio” per essere precisi. Ed in occasione del nostro viaggio in Val d’Orcia non potevamo farci mancare una degustazione completa di Cacio pecorino di Pienza, forse uno dei più pregiati e gustosi formaggi toscani, la cui produzione si estende tra la Val d’Orcia e le Crete Senesi.
Attenzione però: spesso su questo formaggio non è presente il marchio D.O.P. del Consorzio del Pecorino Toscano pertanto non è di “Pecorino toscano D.O.P.” che in questo caso possiamo parlare. Il formaggio è ugualmente buonissimo solo che per distinguerlo e non fare confusione ti consigliamo di chiamarlo “cacio di Pienza”, come leggerai in questo articolo!
Cacio di Pienza: se non è D.O.P., allora cos’è?
In Toscana il formaggio ha solo un nome: pecorino. Anzi “cacio”…
Il Cacio pecorino di Pienza è un formaggio a pasta cotta prodotto con latte crudo di pecore di razza sarda, sopravvissana o appenninica. Le pecore, allevate in questa zona sin dai tempi degli Etruschi, vengono lasciate pascolare liberamente nel territorio così da godere di una sana alimentazione a base di foraggio locale. Assenzio, Barbabecco, Ginestrino e Salvastrella sono solo alcune delle rare erbe spontanee che crescono in Val d’Orcia (oggi molto meno rispetto al passato ahimè!) e che nutrono le pecore ma sono anche il primo segreto di questo formaggio, prodotto con un latte che rievoca i sapori e i profumi della flora locale.
I sardi, la transumanza ed il cacio di Pienza
La tradizione del pecorino in Val d’Orcia non è propriamente toscana. Gli allevatori sono in gran parte sardi trasferitisi qui negli anni ’60 cui fu insegnato dai pastori transumanti la tecnica di stagionatura
Una bellissima storia di incontri, tradizioni e mescolanze si nasconde dietro la produzione di questo particolare tipo di pecorino toscano. Negli anni ’60 la campagna valdorciana subì un massiccio spopolamento dovuto all’industrializzazione ed alla conseguente fuga nelle città. Allora un consistente numero di famiglie sarde si trasferì in Val d’Orcia, ripopolando la zona e prendendo possesso dei poderi dove già dall’epoca mezzadrile le famiglie locali allevavano le pecore per trarne latte e formaggio. Erano famiglie naturalmente vocate all’allevamento ed alla pastorizia che recuperarono le proprie tradizioni regionali e le fusero con le tecniche di stagionatura apprese da coloro che – durante la transumanza – attraversavano la Val d’Orcia per giungere in Maremma.
Fu grazie a questo recupero ed a questa mescolanza di tradizioni regionali che nasque l’usanza e crebbe la fama del pecorino di Pienza. Ancora oggi molte sono le famiglie di origine sarda che operano in loco e producono ogni anno straordinarie forme di cacio.
Il caglio e la stagionatura del cacio di Pienza
Un altro segreto del Cacio di Pienza è il caglio. Oggi viene impiegato soprattutto caglio animale di vitello ma una volta era assai più diffuso il caglio di presura, fatto con stami di cardo selvatico lasciati macerare in aceto e sale o fatti seccare e poi messi in infusione in acqua tiepida. Ma la fase più importante nella produzione del pecorino è forse la stagionatura delle forme (dette “ruote“), che può avvenire in tanti modi quante tipologie di pecorino si trovano in commercio, fino a raggiungere anche gli 18 mesi per un risultato finale davvero sorprendente!
I tre segreti che fanno del cacio di Pienza un formaggio unico sono l’alimentazione delle pecore, il caglio e la stagionatura
La stagionatura tradizionale prevede di riporre le forme di formaggio in cantine fresche e molto umide, su tavole di abete proveniente dall’Amiata. Qui le ruote vengono unte con olio Extravergine di Oliva toscano, morchia e cenere di legno per produrre il Pecorino Stagionato sotto cenere, quello grigio che vedi nella foto di copertina. La morchia (o “fondata” dell’Olio evo) è quello strato denso che resta sul fondo degli orci di terracotta nei quali l’olio veniva messo a conservare dopo la spremitura. Sottoprodotto dei frantoi e destinata ad ungere gli ingranaggi delle macchine agricole, questa era invece usata in Val d’Orcia per spalmare le ruote di cacio e creare così una crosta che ne mantenesse intatta la pasta, proteggendola e garantendo una stagionatura eccezionale.
Le famiglie contadine avevano anche l’abitudine di conservare le forme di formaggio unte con la morchia ed avvolte in grandi foglie di noce dentro i tipici orci di terracotta detti “ziri“. Con questo sistema, usato ancora oggi per la produzione del Pecorino stagionato sotto foglie di noce, si riusciva a ottenere un formaggio dal gusto molto intenso, quasi piccante ed ottimo per essere consumato con solo una fetta di pane toscano.
Le varietà più diffuse di cacio di Pienza
Tra mille gusti differenti, quelli che dovete assolutamente provare sono lo Stagionato sotto cenere, il Semistagionato rosso e lo Stagionato in foglie di noce
Oltre al tradizionale pecorino sotto cenere ed a quello assai aromatico e stagionato, con foglie di noce, esistono almeno altre tre varietà da provare. La variante con la crosta di colore rosso ha generalmente una media stagionatura. Il colore caratteristico deriva dal fatto che le forme vengono spalmate manualmente con olio Extravergine d’Oliva e salsa di pomodoro. È un pecorino profumato e morbido, forse più delicato degli altri e per questo motivo perfetto per mantecare risotti o realizzare crostoni filanti da servire assieme a salumi toscani saporiti ed aromatici come la Finocchiona IGP, mostarde di frutta e miele d’acacia amiatino. Questa è inoltre una varietà che non disdegna vini eleganti e profumati, dall’intenso gusto di frutta. L’unica accortezza che ti consigliamo è quella di consumare presto il tuo cacio rosso semistagionato, senza esporre la forma aperta a fonti di caldo o freddo eccessivo (quindi attenzione al frigo!), pena il seccarla nel giro di poco tempo, perdendone le migliori qualità.
Alcune botteghe di Pienza propongono anche il Pecorino al mosto o alle vinacce (Brunello o Nobile di Montepulciano sono i più gettonati, anche se forse sarebbe preferibile citare i vitigni). In questo caso le forme vengono riposte a stagionare in piccole botti immerse nelle vinacce per alcuni mesi, così che il formaggio possa acquisire l’aroma di vino ed un sapore intenso e dolciastro particolarmente buono se abbinato a mostarde e mieli della zona. Diversissimo e tutto particolare invece quello stagionato sotto fieno, con una incredibile esaltazione delle note erbacee già proprie di questo formaggio. Questo ultimo però – ti avverto! – non piacerà a tutti!
Il cacio di Pienza fresco
Il Pecorino di Pienza è anche fresco, morbido e aromatico!
Il Pecorino di Pienza non è solo stagionato. Esiste anche una versione fresca, dalla pasta burrosa con un deciso sapore di latte e fermenti ed una consistenza piacevolmente tenera. Il sapore del cacio fresco è quasi dolciastro rispetto alla variante stagionata e si abbina benissimo con le verdure crude come i tradizionali baccelli, i ravanelli e tutti i prodotti dell’orto. Magari provalo in maniera fantasiosa su una bruschetta con i peperoni ed il pomodoro, a tocchetti in una insalata colorata ed arricchita da verdure e su una pasta!
Cacio di Pienza e… vino!
La pasta del Pecorino di Pienza è più morbida in inverno e più friabile in primavera-estate, con un sapore che non è mai uguale e che varia a seconda dell’alimentazione delle pecore di stagione in stagione. Potrete apprezzare il sapore intenso, erbaceo, quasi piccante del pecorino stagionato e la consistenza burrosa del pecorino fresco abbinandoli anche a diversi pregiati vini toscani: col fresco e col semistagionato ti consigliamo l’aromatica Vernaccia di San Gimignano, un bianco delle Colline Lucchesi o dei Colli di Luni piuttosto che il Bianco di Pitigliano ma anche alcuni rossi giovani come l’Orcia D.O.C. o il Chianti Colli Senesi mentre per la variante stagionata sono preferibili vini rossi dalla struttura più articolata come il Rosso di Montalcino, il Nobile di Montepulciano o il Morellino di Scansano. Difficile l’abbinamento con lo stagionato sotto fieno, che a causa del suo sapore particolarissimo, fortemente erbaceo e sapido risulterebbe sgradevole con la maggior parte dei vini rossi, distorcendo tutti i sapori: in questo caso meglio sicuramente un bianco tra quelli citati sopra, oppure una scelta fuori regione sempre nel campo dei vini bianchi.
Ah! Un’ultima cosa: se volete rimanere stupiti perchè non provate l’abbinamento Vin Santo toscano e cacio? O magari Moscadello di Montalcino e cacio, tanto per restare in zona…
Acquistare il cacio pecorino di Pienza
È molto facile incappare in prodotti che del vero latte di pecora della Val d’Orcia hanno ben poco. Badate sempre al luogo di produzione del prodotto che acquistate!
Insomma avrai capito che il cacio pecorino qui a Pienza è una vera e propria star: venduto e cucinato in tutte le varianti. E lo stesso delizioso formaggio è oggi reperibile nel banco gastronomia di moltissimi supermercati, tant’è cresciuta nel tempo la sua fama. Tuttavia, proprio per questo motivo è molto facile incappare in prodotti che del vero latte delle pecore della Val d’Orcia hanno ben poco. Il nostro consiglio è dunque quello di informarti sempre sull’origine del prodotto che acquisti, domandando informazioni sul produttore ma soprattutto sull’origine del latte e del caglio. Ovviamente se hai modo ti consigliamo di privilegiare sempre l’acquisto diretto presso il produttore oppure presso la bottega di Pienza che vende il prodotto, che sia un riveditore o meno ma sappiamo bene che prendere l’auto e farsi chilometri di strada non è davvero un gioco, a meno che tu non sia un inguaribile appassionato di turismo enogastronomico. Una cosa però te la possiamo dire con certezza: una volta che avrai assaggiato il vero Cacio di Pienza quel gusto avvertito in bocca non ti abbandonerà più e sarai certo in grado di smascherare tutte le imitazioni!