Oltre cinque secoli fa un ignoto autore dalla buona cultura, nativo di Bibbiena e fattosi probabilmente frate nei pressi di Stia, ebbe l’idea di descrivere la vallata del Casentino, i suoi usi e le sue genti in quella che potremmo definire una “guida turistica ante litteram”. La particolarità di questo scritto, rimasto sconosciuto fino al secolo scorso, è che si tratta di un poemetto diviso in tre parti, interamente in rima!
Un ignoto autore ci porta alla scoperta delle bellezze della valle Casentinese nel 1400 con un poemetto interamente in rima
L’autore ha voluto illustrare tutte le bellezze della sua terra natia così come appariva ai suoi occhi nel XV secolo, conducendo il lettore in un autentico viaggio alla scoperta di Eremi, Monasteri, Pievi, Villaggi e tradizioni. Il tutto non esente da qualche frecciatina circa il carattere delle genti del Casentino né da descrizioni accurate che raccontano le abitudini alimentari e la vita condotta con frugalità ma con ricchezza di materie prime.
Nelle prime parti viene tracciata una topografia dei luoghi sacri del Casentino, quindi si passa a descrivere i paesi di Poppi, con il robusto castello dei Conti Guidi e le sue poderose mura, di Bibbiena, definita dall’autore “fiore della valle”, di Porciano e Pratovecchio con la sua suggestiva Pieve di Romena ed il Castello a guardia della vallata.
Una parte interessante del poemetto si apre con l’intento di “lasciare ville e castelli” per avventurarsi nel territorio di Castel San Niccolò e di Strada in Casentino dove l’autore non si lascia sfuggire un commento sul carattere orgoglioso dei popoli della zona, definiti “superbi” per essersi ribellati alla signoria dei Conti Guidi ed aver cercato la protezione della Repubblica fiorentina oltre un secolo prima.
Il poemetto è anche una occasione per conoscere le abitudini alimentari e la quotidianeità delle genti del Casentino nel XV secolo.
Molto accurata è la descrizione dei costumi delle genti di Cetica e Montemignaio, che “mancano di vino e di grano” ma “abbondano di pecore et formaggio” sì da vivere di pastorizia. Essi sono “nutriti di castagne fino a maggio” per la relativa frugalità di queste terre di montagna, dove già a quel tempo i popoli portavano a svernare le greggi sino alla Maremma, in quella transumanza di cui il Casentino ha vissuto per molti secoli. I pastori sono assimilati quasi ad astrologi, sempre intenti a “guardare il cielo giorno e notte” come se studiassero le orbite dei pianeti mentre vegliano le greggi che dimorano con loro.
Il nostro ignoto autore non si lascia sfuggire anche qualche frecciatina circa il carattere delle genti del Casentino
Nell’ultima parte l’autore descrive – a mò di chiusura ideale dell’itinerario – i confini geografici del Casentino, circondato da catene montuose sui suoi quattro lati. Il Pratomagno è descritto come la montagna “nemica di Bacco e di tutti i bevitori” per “tant’altezza e freddi inverni” che non consentono di allevare la vite. Ma vi è una consolazione in queste terre brulle e fredde: le sorgenti di acque curative nei pressi di Cetica, conosciute sin dai Romani ed oggi andate quasi perdute, di cui il nostro poeta ricorda bene le virtù benefiche per molti malanni del corpo.
Chissà, viene da chiedersi, cosa avrebbe descritto in versi se avesse potuto scrivere una guida aggiornata del Casentino dei nostri giorni!