In questo articolo cercheremo di sintetizzarti tutto quello che c’è da sapere sul tartufo toscano, che non ha certo nulla da inviare agli altri tartufi – ben più noti! – delle altre Regioni d’Italia.
Ovviamente una terra di diffuse golosità come la Toscana non poteva farsi mancare il “Re” dei funghi ma prima di elencarti tutte le varietà presenti nella nostra Regione, partiamo dai fondamentali: il tartufo è si parente del Porcino ma si tratta di un fungo ipogeo, che nasce e si sviluppa interamente sotto terra fino ad un massimo di 60 centimetri di profondità. Questi tuberi per svilupparsi assumono sostanze nutritive dalle radici di Faggi, Pioppi, Cerri, Querce, Tigli, Carpini, Noccioli, offrendo in cambio acqua e sostanze nutritive. Una volta giunto a maturità il tartufo emana un fortissimo profumo che attira gli animali del bosco (soprattutto cinghiali, roditori e piccoli animali) che nutrendosene contribuiscono a spargere le spore riproduttive nel terreno.
Il tartufo nell’antichità
Conosciuto dagli Etruschi e importato dai Romani dalle coste africane in una variante che non corrisponde al vero tartufo ma che purtroppo è facile trovare ancora in commercio in maniera assai poco onesta (la Terfezia), furono proprio i Romani a scoprirne la ricerca. In principio utilizzarono i maiali perchè il profumo che emana questo tubero ricorda loro l’odore del partner nel periodo dell’accoppiamento. Si scoprì tuttavia assai presto che ben pochi tartufi rimanevano nelle mani dei cercatori quando venivano utilizzati i golosi maialini: se li mangiavano ancor prima che il cercatore potesse accorgersi della scoperta così ben presto si passò ai cani.
Sul legame tra tartufi e fasi lunari esistono le credenze più strane. Molti ritengono che si formino ogni quarto di luna, altri nella fase calante, altri ancora con la luna piena
Abbiamo imparato a San Giovanni d’Asso, durante una lezione-degustazione sul tartufo che già Plutarco conosceva questo pregiatissimo tubero ma che successivamente, in epoca medioevale, il tartufo passò ad essere considerato “cibo del diavolo e delle streghe” a causa del suo odore simile allo zolfo. Se il conte Camillo Benso di Cavour utilizzò il tartufo come moneta di scambio diplomatica, il musicista Rossini lo definì il “Mozart dei funghi” mentre Lord George Byron era solito tenerne uno sulla scrivania, confidando che il profumo stimolasse la creatività e la scrittura.
Le 6 varietà di tartufo presenti in Toscana
Se sei arrivato ad aprire questo articolo significa che sei curioso di scoprire le varietà di tartufo presenti in Toscana: ne esistono almeno 6 varietà differenti, tutelate da una legge che ne restringe i periodi di raccolta e commercializzazione. Si inizia tra Gennaio ed Aprile con il Tartufo Marzuolo (Tuber Borchii), si prosegue dal primo Giugno a fine Agosto con lo Scorzone (Tuber Aestivum), si riprende tra il 10 Settembre ed il 31 Dicembre con il pregiatissimo Tartufo Bianco (Tuber Magnatum Pico), fiore all’occhiello delle Crete Senesi. Altre varietà meno diffuse sono l’assai pregiato Tartufo Nero (Tuber Melanosporum), il Tartufo Nero Invernale (Tuber Brumale), il Tartufo Uncinato (Tuber Uncinatum Chatin).
Il delicato e profumato Tartufo marzuolo
Tutte le varietà di Tartufo in Toscana sono tutelate da una apposita legge che ne sancisce periodi di raccolta e commercializzazione
Il Tartufo Marzuolo, o bianchetto, ha una scorza (detta “peridio“) liscia, di colore biancastro tendente al fulvo e una polpa (detta “gleba“) tendente al color nocciola con venature chiare. Il suo profumo è meno intenso di quello del tartufo bianco ma comunque carico di aromi. La pezzatura è in genere ridotta rispetto agli altri tartufi, il profumo ricorda vagamente quello dell’aglio ed il sapore è spiccato e durevole, a patto che non lo si cuocia!
Lo Scorzone, o tartufo nero estivo
Il Tartufo Estivo, detto anche “Scorzone” si riconosce – come indica il nome – per il peridio verrucoso, di colore nero mentre la gleba è di colore nocciola, attraversata da venature bianche più o meno ramificate. La pezzatura di questo tartufo è assai più elevata: fino anche al mezzo chilo di peso ma il profumo e l’aroma sono meno intensi, tanto che viene prevalentemente impiegato come base per la preparazione di piatti e salse oppure per insaporire alcuni cibi.
Il pregiatissimo Tartufo bianco
Evitate quanto più possibile di cuocere il tartufo: sprigiona il meglio di sé fresco, grattugiato al momento sui vostri piatti
Il Tartufo Bianco risulta indiscutibilmente il più pregiato. Ha una scorza liscia e tondeggiante, non verrucosa di colore giallo chiaro o marroncino e polpa color nocciola con lievi striature bianche. La sua pezzatura è molto variabile: alcuni esemplari possono raggiungere diversi etti fino a superare il chilo. Il suo profumo intenso e penetrante, che ricorda vagamente il metano, ne fa il “re” tra i tartufi. In cucina deve assolutamente essere consumato fresco, mai cotto. Al limite può essere mescolato con del burro o altri grassi animali, a differenza dei grassi vegetali come l’olio che rischierebbero di corromperne l’aroma.
Il tartufo nero invernale
Altra varietà è il Tartufo Nero Brumale, anche questo molto pregiato. Ha una scorza verrucosa e nera come il cugino Scorzone e una gleba scura, tendente al colore viola, con venature bianche e fini. Questo esemplare di tartufo invernale, che matura tra novembre e marzo, ha un profumo dolciastro ed un sapore persistente che ne fanno un perfetto accompagnamento per secondi piatti di carne o primi piatti fatti a mano.
Acquistare tartufo: i consigli degli esperti
Quando acquistate prodotti a base di tartufo controllate sempre che tra gli ingredienti non vi sia la dicitura “aroma”
A causa del costo elevato e della poca informazione, per evitare spiacevoli sorprese vi consigliamo di acquistare tartufi e derivati (salse, patè, condimenti) presso Associazioni, Consorzi e Cooperative di tutela oppure dal vostro tartufaio o rivenditore di fiducia, specialmente se si tratta di prodotti che espongono un marchio di riconoscibilità. Così come accade per i Porcini, tantissimi tartufi vengono importati dall’estero a basso costo e purtroppo impiegati nella ristorazione o nella preparazione di salse e patè. Molti prodotti confezionati a partire dal tartufo sono poi realizzati utilizzando pochissimo tartufo, circa un grammo per vasetto, oppure presentano l’aggiunta di “aromi”. Il nostro consiglio è quello di controllare sempre l’etichetta perché molto spesso dietro questo termine si cela l’aggiunta di una molecola, il “bismetiltiometano” (qui trovate un interessante articolo), sostanza che conferisce l’aroma di tartufo, riproducibile chimicamente e dannosa se consumata in grande quantità.
Il consiglio di acquisto vale ovviamente anche per i tartufi freschi, che siano di provenienza italiana e corrispondano alle caratteristiche fisiche sopra descritte! Per essere poi certi della tracciabilità del vostro tartufo, sappiate che molte Regioni italiane hanno oggi adottato una legislazione che delimita e circoscrive, in appositi registri, tutte le zone adibite a tartufaia. Questo per preservarne la vocazione e garantire la tipicità nei confronti ambo del tartufaio e del consumatore finale.
Oggi il tartufo è diventato anche testimone di un sano rapporto tra l’uomo e l’ambiente: non cresce in terreni inquinati né tantomeno in luoghi dove è forte il degrado ambientale
Vi lasciamo con una curiosità: i tartufai toscani ci hanno raccontato come un tempo fosse buona pratica dei cercatori di tartufo lasciarne un pezzettino nel terreno, staccandolo da uno dei tuberi raccolti. Questo faceva in modo che l’anno successivo, in quella stessa zona che solo il tartufaio conosceva, sarebbero cresciuti nuovi tartufi.