Scrive il professor Pellegrini, in un libro sulla Val d’Orcia, che è una “terra di briganti, di feudatari irriducibili, di utopisti e di eremiti“. Che “era un lembo di terra senese da attraversare. L’ultima. E da lasciare senza rimpianto. Immobile nella sua pittorica desolazione, con la popolazione rara e tenace chiusa nei castelli. Con le Crete che restarono sempre un mondo a parte.“
Eppure questa terra oggi ci appare così bella, così ispiratrice. E tale è diventata dal secondo dopoguerra in poi, “quando malgrado la sua arretratezza (se così mi è permesso definirla), è stata scelta come set cinematografico dei più grandi capolavori mondiali, come scenario delle più famose cartoline nonché come terra di approdo dei più grandi artisti“.
Val d’Orcia: tutto e il contrario di tutto…
Tutta la zona che si stende tra le Crete e la Val d’Orcia possiede una desolata bellezza che toglie davvero il respiro. Sembra quasi non farci caso chi ci è nato.
Sembra non farci caso chi ci è nato, di quanta desolata bellezza ha attorno. Ogni giorno si aprono le imposte sulla valle e si scruta il tempo guardando al monte Amiata per capire se sarà freddo o meno, se il cielo sarà limpido o darà pioggia. Si lavorano i campi, si portano al pascolo le pepcore o si tirano su le serrande dei negozi mentre turisti da tutto il mondo fanno la fila per parcheggiare a Pienza o per avere uno sdraio a Bagno Vignoni. E li vedi fermarsi con le loro auto a noleggio sul ciglio della strada che porta alla Foce o a San Quirico per immortalare un pezzo di Val d’Orcia, coi suoi cipressi “dei morti” e le colline di dura creta, da riportare a casa chissà dove.
Della Val d’Orcia è stato scritto tutto ed il contrario di tutto. L’unica cosa che però mi sento di dire è che ha quella bellezza che toglie il fiato. Quella immobile bellezza che solo le cose eterne hanno. Quelle imperscrutabili, severe. Altere ed impassibili dinanzi al passare del tempo.
La Val d’Orcia tra ieri ed oggi
Una strada di passaggio per pellegrini e pastori la Val d’Orcia. Dove le strade sono rare, poco battute. Gli spazi ampi, disegnati coi profili di colli e cipressi. Come una conca racchiusa tra contrade.
Tra le dolci colline di tufo e i duri calanchi di creta c’è poco spazio per la dolcezza del bosco o degli insediamenti umani. I paesi sono arroccati sulle vette, come guardiani di una valle che sfugge alla loro giurisdizione. I rivoli d’acqua scorrono impetuosi come se non vedessero l’ora di sfuggire a questi terreni brulli. Le strade sono rare, poco battute. Ampi spazi disegnati con profili di colli e cipressi stanno come una conca racchiusa tra contrade. Una valle dove un tempo c’era un mare basso, cristallizzato nei fossili che ancora si possono raccogliere per strada. Una valle di passaggio e non di sosta, com’era per i pastori che dall’Emilia e dal Casentino facevano transitare le mandrie verso la Maremma, scambiando conoscenze, pochi viveri e pecorino. Una zona di ladri e briganti votati alla macchia, di monaci dediti al duro lavoro e signorotti fieri ed irascibili.
Come credere che sia stata per secoli una terra che incuteva paura, a causa dei suoi briganti e dei ladri votati alla macchia? Eppure questa valle era “l’ultima terra da lasciarsi dietro senza rimpianti” prima di approdare in Maremma…
Ed oggi cos’è la Val d’Orcia? É patrimonio. Patrimonio culturale con le sue Pievi simboliche come quella di Corsignano; coi suoi castelli e gli spedali, i suoi borghi arroccati e le sue colline di creta. É cibo, con i suoi Pecorini o il suo grano; con il suo vino Orcia D.O.C. e il Brunello al confine; coi suoi mieli o le sue tipiche pietanze, genuine e vere come i pici. É ospitalità, con le sue acque termali, i suoi paesaggi incontaminati, i suoi punti di ristoro e di accoglienza, le sue locande e le sue specialità. É affascinanti superstizioni, come quella delle fonti galattofore e delle ninfe dell’acqua. É condivisione, con un folklore che coinvolge e non ti abbandona neppure un momento, come quello del Cacio al fuso o della Festa del Barbarossa, piuttosto che del Teatro di Monticchiello. É conoscenza, con quei saperi e sapori antichi che informano e formano chiunque si imbatta in essi.
Un patrimonio da scoprire e…gustare!
Oggi la Val d’Orcia è una terra dinamica, erede di un passato ingombrante ma anche proiettata verso un futuro radioso, fatto di antiche tradizioni e turismo all’insegna della modernità. Insomma una terra capace di sorprendere sempre!
Oggi la Val d’Orcia è una terra dinamica, erede di un passato ingombrante che fa pesare la sua identità e concretizzandosi in antichi domini, come Rocca d’Orcia, Montalcino, Pienza, Castiglione d’Orcia, Bagno Vignoni, San Quirico e tutti quelli che mancano all’appello. Ancorata a tradizioni antiche, soprattutto culinarie come i piatti a base di pecorino, cinta senese, farina di grano come la pasta fatta in casa piuttosto che le paste fritte, i vini e le grappe e quanti altri ancora! Ma anche proiettata verso il futuro con le mille e mille iniziative che ogni anno si contendono una decina in più di turisti ed appassionati, per il solo obbiettivo di condividere una terra delle più belle al mondo. L’Orcia Wine festival, la Fiera del Cacio di Pienza, il Teatro Povero di Monticchiello, le sagre paesane, le anteprime del vino novello, i festival musicali e le numerossime rassegne e manifestazioni artistico/letterarie: tutte occasioni per scoprire ma anche per condividere una passione: la passione per una terra meravigliosa, capace di incutere ancora maestosità. La maestosità della Val d’Orcia.