“L’acqua è vita“.
E difatti non è un caso che la maggior parte delle più grandi e antiche città si sia sviluppata lungo importanti corsi d’acqua. Oggi siamo abituati ad avere in tutte le case acqua corrente ma anticamente questa era un bene prezioso come l’oro.
L’importanza dell’acqua
Acqua significava cibo per uomini e animali; significava salute ed igiene; significava prosperità economica per lanaioli, allevatori, agricoltori, cartiere, tintori, conciatori, mugnai e molti altri. L’acqua significava poi sopravvivenza durante guerre, carestie e pestilenze. Il territorio di Siena era molto ricco di fonti, torrenti e sorgenti termali ma la città non si era sviluppata sul corso di un fiume. E allora come riuscì a crescere e prosperare?
La maggior parte delle grandi città medioevali si era sviluppata lungo i fiumi. Ed allora come poté Siena, priva di corsi d’acqua, crescere e prosperare?
Nel XI secolo, a fronte dell’aumento demografico, per Siena diventò necessario pensare all’acqua. Già costruire la città su tre colli aveva provveduto a risolvere il problema della difesa da attacchi e dell’insalubrità delle pianure. Eppure i fiumi erano lontani e dalla scarsa portata. Si pensò quindi di sfruttare vene d’acqua esistenti fuori città, collegate ad antichi pozzi d’epoca romana o etrusca e d’intraprendere una massiccia opera di canalizzazione delle acque che sfruttasse la pendenza del suolo per arrivare sin dentro le mura.
Le fonti di Siena: l’unione di utilità e bellezza
A partire dal 1300 i cittadini senesi cominciarono a fare petizioni al Comune affinché fossero costruite fonti pubbliche a disposizione della collettività
Risale addirittura al 1352 la petizione dei senesi al Comune per ottenere la realizzazione della fonte Serena nella Contrada dell’Onda. Fino a quel momento solo nelle dimore dei nobili e dall’alta borghesia esistevano pozzi o cisterne. Le fonti che furono messe a disposizione di tutti i senesi invece si basavano su un sistema a 4 livelli, con 3 vasche di raccolta: la prima, che riceveva acqua pulita, serviva per cucinare, dissetarsi e disinfettare; la seconda, già più sporca, era usata per abbeverare gli animali; nella terza, collocata più in basso si lavavano i panni ed il trabocco del quarto livello serviva per tutte le attività artigianali che grazie alla disponibilità d’acqua cominciarono a fiorire in città.
Una città sotto la città
Le fonti nascondevano un segreto: una città sotto la città fatta di 25 chilometri di acquedotto sotterraneo. Erano i famosi “bottini” di Siena
Le più grandi fonti divennero parte integrante del paesaggio urbano: erano coperte a protezione degli agenti atmosferici e decorate in segno di bellezza e potenza cittadina. Ma nascondevano anche un meraviglioso segreto: un sistema di canali e gallerie sotterranee coperte da volte a botte (in questo senso “bottini”) lunghe circa 25 chilometri che pare si collegassero addirittura ai paesi limitrofi, come testimonierebbe la leggenda di Monteriggioni. Una “città sotto la città” oggi visitabile grazie all’associazione La Diana, che organizza visite guidate su prenotazione.
Proteggere le fonti = tutelare il bene comune
Per far sì che un bene così prezioso fosse protetto da vandali e predatori, già nel 1300 i senesi si dotarono di severissime leggi per prevenire reati contro l’acqua
Consci dell’importanza dell’acqua per la città, i senesi si dotarono dal 1300 di severissime leggi che vietavano lo spreco e l’inquinamento delle fonti. Assieme ai custodi stipendiati dal Comune, misero guarnigioni di soldati di stanza in ogni fonte per scoraggiare i reati e difendere l’acqua in caso di attacco alla città. Nonostante l’articolato sistema idrico tuttavia i senesi non smisero mai di credere – e cercare! – il mitico fiume sotterraneo, la Diana. Uno dei motivi di cotanti chilometri di scavo per realizzare l’acquedotto fu infatti anche la convinzione che un fiume scorresse sotto la città, attraversandola trasversalmente da porta Ovile a Porta San Marco. E c’è chi giura ancora oggi che nelle notti silenziose si oda lo scorrere di una grande massa d’acqua nel sottosuolo.
Tu ci credi?