La storia del vino Moscadello di Montalcino ha la trama delle grandi storie. Un piccolo paese di provincia adagiato su una manciata di colli accarezzati dai venti, gente semplice e dedita al lavoro, lontana dai capricci e dalle vicende politiche delle grandi città. Poi una grande intuizione improvvisa, probabilmente nata dalla mente di qualche signore dal palato sopraffino che ebbe modo di concedersi un bicchiere a Montalcino, ed infine l’inizio del grande viaggio di un prodotto verso il mondo allora conosciuto.

Un piccolo paese, gente semplice ed un grande prodotto. É la storia del Moscadello di Montalcino…

No, non ti sto raccontando la storia del Brunello, che per molti versi è simile. É quella del suo predecessore, il Moscadello di Montalcino, vino altrettanto eccellente,  fortunato e geniale, nato dall’esperienza e dall’amore della gente di Montalcino. E da un duro lavoro nelle vigne.

Durante la mia avventura alla cena itinerante di Montalcino d’Ottobre ho scoperto un patrimonio dall’inestimabile valore: non solo un vino dolce che da solo avrebbe quasi meritato l’intero itinerario sotto la pioggia battente ma anche la storia di un prodotto che è allo stesso tempo l’epopea di un intero territorio: la summa delle sue fortune e delle sue sconfitte. Insomma, qualcosa che non posso non raccontarti…

Panorama delle colline intorno alla città di Montalcino
Panorama delle colline intorno alla città di Montalcino – ItalyzeMe CC BY-NC-ND 2.0

L’epopea di un vino raffinato dal successo straordinario

Dal gusto dolce e dall’aroma di frutta candita, il Moscadello faceva impazzire i palati dei signori di tutta Europa

Non si sa di preciso quando e chi ebbe per primo l’idea di produrre un vino dolce a Montalcino, è un dato però che i montalcinesi lo considerano come parte integrante del territorio, da non chiedersi neppure l’origine tanto questa tradizione è antica e radicata. Nei testi letterari e nei documenti privati se ne parlava già nel 1400 come di un prodotto ampiamente affermato, già balzato agli onori delle mense più raffinate. Tuttavia se si va indietro nel tempo, del Moscadello si perdono le tracce. Sappiamo però che il suo gusto rotondo e dolciastro ed il suo aroma di frutta candita faceva impazzire i palati di sovrani e signori di tutta Europa e che veniva massicciamente esportato nei paesi nordici, dove riscuoteva grandissimo successo.

Lo stemma di Siena, la "balzana" campeggia sulla porta d'accesso alla Fortezza di Montalcino in ricordo dell'antica amicizia con la città di Siena
Lo stemma di Siena, la “balzana” campeggia sulla porta d’accesso alla Fortezza di Montalcino in ricordo dell’antica amicizia con la città di Siena – ItalyzeMe CC BY-NC-ND 2.0

Il Moscadello era un vino raffinato, che non a caso seguendo le tracce del lungo itinerario letterario dal Redi al Foscolo, veniva spesso associato ai palati sopraffini delle dame. Era anche raro, con una produzione che ogni anno non riusciva a soddisfare l’abbondante richiesta: così il vino veniva interamente venduto ed i prezzi salivano, permettendo alle famiglie agricole montalcinesi di mantenersi almeno fino alla vendemmia successiva.

All’alba del 1900 una sfortuna si abbatte improvvisamente su Montalcino…

I fasti e le grandi fortune del Moscadello durarono per svariati secoli, resistendo anche all’annessione della città ai domini fiorentini. Nel 1800 tuttavia un brivido inizia a percorrere Montalcino. Il fantasma di una malattia oscura s’insinua tra i filari: le foglie ingialliscono, i grappoli marciscono e cadono, le piante si seccano. È l’oidio, prima dei tanti flagelli che colpiranno l’intera viticoltura dell’epoca, seguita poi dalle epidemie di peronospera e fillossera, che causeranno sgomento e disperazione in una Europa spaventata dal pensiero di non poter più produrre vino.

All’alba del nuovo secolo Montalcino viene dichiarata “luogo infetto”: sono gli anni 1903-1904 e solo qualche rara pianta di Moscadella oramai abbandonata viene lasciata in vigna, priva delle cure che l’avevano sostenuta per secoli. Per ripristinare una situazione di normalità si dovranno attendere i progressi agronomici dei decenni successivi, quando la viticoltura comincerà ad essere praticata secondo tecniche razionali e sui mercati si affacceranno i primi prodotti-icona del territorio.

Una delle celebri enoteche di piazza del Popolo a Montalcino
Una delle celebri enoteche di piazza del Popolo a Montalcino – ItalyzeMe CC BY-NC-ND 2.0

In tutto questo tempo al Moscadello restano riservati qualche scaffale nelle poche cantine che ancora si dedicano a questa micro-produzione, a crederci non sono in molti: dopotutto stanno emergendo le prime grandi aziende vitivinicole e nuovi vini sono all’orizzonte, le cui rese e tecniche di vinificazione sono molto più convenienti e redditizie di quelle offerte dai vini dolci finali. Inoltre una nuova stella sta nascendo dalla mente geniale dei produttori di Montalcino, il Brunello. Il Moscadello resta pertanto patrimonio familiare, quasi segreto e principalmente destinato alla vendita diretta. Dei grandi fasti del passato sembrano tutti essersene un po’ dimenticati.

Sulla scia della grande fortuna che ottiene il Brunello, si riaffaccia l’ipotesi di tornare a produrre il Moscadello

Qui però – proprio come nelle grandi storie! – arriva il colpo di scena: il grande boom del Brunello riannoda i fili di una tradizione secolare e proprio sull’onda del successo di questo vino vermiglio e possente, le aziende di Montalcino decidono di riscoprire il proprio passato. L’enfant prodige che aveva celebrato le colline di Montalcino nel mondo torna così a popolare enoteche e botteghe, col suo colore ambrato che ricorda l’ambrosia degli dèi. Nel 1984 il Moscadello ottiene la Denominazione di Origine Controllata e nel 1991 viene istituito il Consorzio di Tutela del Moscadello di Montalcino. Sarà poi tra il 1993 ed il 1996 che il Disciplinare di produzione di questo vino assumerà il suo aspetto definitivo.

Una storia emozionante, non trovi?! Il preludio perfetto per scoprire come si produceva e si produce oggi il Moscadello di Montalcino. Lo puoi scoprire qui: