Odii ancestrali tra famiglie, assassinii, segreti, matrimoni combinati, affari e politica fanno da sfondo alla Siena del 1300, tanto che ci si potrebbe costruire la trama di una fortunata saga televisiva altrettanto degna degli studios americani di quella dei Medici girata tra Pienza e Montepulciano! Tra tante storie e leggende sulla città di Siena, uno degli episodi più curiosi e tutt’ora ammantati di mistero è la vicenda di Malamerenda, che tutti i senesi che abbiamo incontrato, ci hanno giurato essere vera.
I Salimbeni e i Tolomei: due famiglie in lotta
Odi mai sopiti, assassinii, segreti, affari e politica. Sulle vicende delle famiglie senesi nel 1300 si potrebbe costruire la trama di una fortunata saga televisiva
Tra il 1200 ed il 1300 la città era dominata da famiglie potenti, perennemente in contrasto tra loro per avversi schieramenti politici e controllo dei commerci. Le due più importanti casate erano quella dei Salimbeni, di orientamento ghibellino e quella dei Tolomei, guelfi fedeli da sempre al Papa. Tra i membri di queste due casate era in atto una faida ancestrale, che non si consumava mai fino alla fine, provocando continue vendette personali, intervallate poi da matrimoni combinati e “paci” fittizie.
Tolomei e Salimbeni. Due potenti famiglie protagoniste di una guerra che andò avanti quasi due secoli. Malamerenda fu l’atto finale
Se i Tolomei, divenuti ricchissimi mercanti, rivendicavano una mitica parentela coi sovrani d’Egitto e con l’imperatore Caio Giulio Cesare, i Salimbeni a loro volta, anche questi abilissimi mercanti, individuavano il proprio fondatore in un certo Salimbene che partecipò alla prima crociata. Il sanguinoso conflitto fra queste due potenti famiglie senesi ebbe inizio nella seconda metà del XII secolo e si protrasse per circa duecento anni, macchiando di sangue e d’odio la città di Siena.
La proposta di pace tra le due casate
Al grido “A ognuno il suo!” si scatenò un bagno di sangue in quella che doveva essere una merenda di pace
Si racconta che nel ‘300 le due famiglie, estenuate dal conflitto, pensarono di poter siglare una tregua definitiva. Così aveva architettato la casata Salimbeni, che il giorno di Pasqua invitò i nemici Tolomei a consumare una merenda in un colle poco distante dalla città. I commensali sarebbero stati 18 per ogni casata e la pietanza alla base del sontuoso banchetto sarebbe stato arrosto di tordo, un piccolo uccello molto prelibato ed assai raro da cacciare in quella stagione.
La “mala-merenda”
Quando il vassoio fu portato in tavola i Tolomei si accorsero subito che i tordi non sarebbero bastati per tutti i commensali: c’erano solo 18 uccellini a fronte di 36 bocche da sfamare. Sarebbe stato fondamentale aggiudicarsi velocemente un tordo o tutti i commensali avrebbero dovuto dividerlo col vicino seduto al proprio fianco, guardacaso proprio un Salimbeni.
Appena il vecchio Salimbeni gridò “A ognuno il suo!” come se volesse dare inizio al pranzo, ogni Tolomei si affrettò ad infilzare un tordo mentre tutti i Salimbeni sfoderarono il coltello ed uccisero il vicino di posto, svelando così il vero fine di questo invito a tavola.
Una misteriosa sepoltura per i 18 Tolomei
Come credere che 18 nobili Tolomei siano stati sepolti in un angusto sottoscala?
Sempre secondo la leggenda, i Tolomei trucidati sarebbero stati sepolti nel sottoscala del Chiostro della Basilica di San Francesco, come testimonierebbero i 18 stemmi della casata Tolomei scolpiti nella scalinata. Eppure, lapide commemorativa a parte (che appare postuma), sembra strano che una famiglia così potente abbia lasciato seppellire i propri capi in un sottoscala…
Che sia leggenda o fantasia, si dice che il colle sul quale avvenne la strage venne ribattezzato per questo motivo “Colle di Malamerenda” ma certi documenti storici attesterebbero che la località avesse questo nome già prima del 1300.
Che ne pensi: pura leggenda o fantasia con un briciolo di verità?